#duechiacchiere con Giulia Argnani

Ho fatto un po’ di amichevoli ciarle con una talentuosa giovane disegnatrice piuttosto portata per lo storytelling, l’autrice di Up All Night e Janis Joplin – Piece of My Heart , editi da Edizioni DB, Giulia Argnani.

Prima di ogni cosa mi preme ringraziarti per aver dato la tua disponibilità. Mi fa sempre piacere fare la conoscenza di scrittori, artisti e in generale tutte quelle persone che hanno fatto della creatività un lavoro. 
Detto questo, cominciamo. Vorrei innanzitutto chiederti di raccontarmi un po’ di te. Prova a descriverti in poche righe. Chi è Giulia Argnani, oltre che una scrittrice e una disegnatrice? 

E’ difficile andare anche oltre agli aspetti che indichi perché sono caratteristiche che mi porto sempre dietro, nel modo di guardare le cose, forse. Spesso mi viene detto che c’è tanto di me in quello che realizzo, ma io ne sono poco consapevole. Sicuramente penso di essere una persona in cerca, come una piccola Mafalda che si fa mille domande sulle cose perché vorrebbe capirci qualcosa e che ha una fortissima esigenza di esprimersi. Come tutti, credo. Mi piacciono le cose semplici e vacillo sempre tra il bisogno di silenzio e solitudine e il desiderio dirompente di parlare e confrontarmi.

Conosciamoci meglio: film, canzone, serie tv e libro preferito

Aiuto! Non ho mai saputo rispondere a queste semplici domande! Riguardo ai libri mi trovi sempre nel reparto biografie e saggi un po’ di tutti i tipi, da come riordinare casa alla politica. Canzone motivazionale: Billy Idol-Dancing with myself, quella al volante Patti Smith-Frederick, momento tristezza Bruce Springsteen-Sad Eyes, speranza Pearl Jam-Wishlist, e baldoria finale con i Culture Club-Karma Chameleon (sorry, mi è uscita una palylist!)
Cinema, senza esitazione dramma e commedia (insieme ancora meglio) e per le serie tv devo dirne almeno tre: Pose, The end of the fucking world, Sex education (il Teen drama mi corrompe sempre).

Non male come risposta! La playlist è sempre cosa gradita, e devo dire che abbiamo molti gusti in comune. C’è un sacco di rock 🙂 Era prevedibile del resto, da una fan di Janis Joplin! E a proposito di questo. Janis Joplin Piece of My Heart è più di una semplice biografia. E’ quasi una lode a quello che il rock rappresenta non solo per i fan ma per le donne. Cosa ti ha spinto a scrivere della sua vita – o meglio a disegnarla? 

Ti ringrazio molto per questa definizione, sai, trattare un personaggio realmente esistito e con una notorietà tanto grande è sempre un compito rischioso. Ho cercato di dare il mio taglio al racconto, puntando più all’aspetto umano e meno a quello iconico di cui esiste già molto materiale e che, semplicemente, mi inetressava di meno. Le conseguenze legate al suo essere donna in un mondo maschile emergono inevitabilmente con tutto quello che hanno comportato psicologicamente su una ragazza che si sentiva brutta e inadeguata nella maggior parte delle situazioni ( tranne che sul palco) Quando ha cercato di riempire quell’inadeguatezza con atteggiamenti distruttivi, questi si sono rivelati letali. Pensava: “essere sfruttati è meglio che essere soli.” e quando pensi questo, puoi farti molto male. E’ stata Edizioni BD a propormi questa sfida e gliene sarò grata sempre. Amavo la sua musica prima, ma dopo questa avventura posso dire che, dentro di me, occupa un posto unico.

Perché hai cominciato a scrivere? Hai avuto difficoltà a coniugare scrittura e disegno artistico oppure è stato un passaggio naturale?

Ho sempre disegnato da che ho memoria sapendo che lo avrei fatto per sempre (indipendentemente dal pubblicare qualcosa che è assolutamente un aspetto secondario). Iniziare a scrivere qualcosa che venisse da me è stato naturale e soprattutto necessario. D’altra parte il fumetto è la messa in scena di una storia, quindi il disegno vive in funzione del racconto, non è protagonista. E se prima ero attratta quasi unicamente dalla veste grafica dei fumetti da studiare per trovare uno stile che mi rappresentasse, ora non comprerei mai qualcosa che non contiene anche una bella storia (per me, almeno)Il mio sforzo degli ultimi anni è andato soprattutto nel tentare di scrivere qualcosa di dignitoso. Il disegno è sempre l’espressione di un sentimento, anche quando sketchi . Quindi il lavoro interiore per capire che sentimento mettere dentro a quello che disegni è molto, molto importante.

Se potessi scegliere tre graphic novel da consigliare, quali sceglieresti? Chi sono i disegnatori, e perché no anche gli scrittori, che hanno plasmato maggiormente il tuo stile?

Mah, potrebbero essere tantissimi…tuttavia partendo da chi mi ha formata, devo dare il primato ai giapponesi e senza ombra di dubbio Mitsuru Adachi è stato un grande maestro quindi vi consiglio Touch anche se non è un graphic novel, ma una serie. Poi il grande Craig Thompson che con il suo Blanckets, mi ha aperto gli occhi su cosa fosse un graphic novel ( percchè quando ho iniziato a fare fumetto non c’era quasi nulla di questo tipo) aiutandomi a capire che quella messa in scena del racconto: intimo, articolato e autococnlusivo era qualcosa che avrei dovuto esplorare. Infine mi piace molto David Small con le sue storie così crude e autentiche, mai addolcite nella forma, da arrivarti dritte allo stomaco.

Cosa ha ispirato Up All Night? Parti da esperienze autobiografiche o lasci che l’immaginazione faccia il suo lavoro?

Parte da un’esperienza vissuta e dall’esigenza di raccontarla. Mi sono chiesta per tutto il tempo di stesura del racconto come rimanere fedele al vissuto senza farlo diventare qualcosa di troppo personale e insignificante per chi legge. Tutto può essere interessante, ma deve coinvolgere anche chi quella esperienza non l’ha vissuta direttamente. La trama è stata quindi modificata in alcuni punti per rendere più comprensibile il sentimento reale della vicenda la cui fedeltà è stata assoluta. Paradossalmente proprio per rispetto della realtà di un sentimento si può cambiare la forma delle cose. Un po’ come se volessi farti ridere fragorosamente di una battuta che ha fatto fragorosamente ridere me, ma sapendo che non per forza abbiamo lo stesso senso dell’umorismo, scegliessi un’altra battuta a cui riderai fragorosamente (spero)

Catherine Dunne una volta ha parlato di “Empatia come strumento letterario”. Tu come gestisci il rapporto con i tuoi personaggi? Quanto ti immedesimi?

Senza empatia ci si nega il sentire e nello specifico di sentire l’altro. In campo letterario (ma vorrei estenderlo a tutti campi) non è solo utile, ma assolutamente necessario soprattutto quando ci si trova a raccontare la vita di qualcun’altro e mettersi nei suoi panni è l’unico mezzo per tentare di imbastire qualcosa di autentico. E’ vero che ci sono mille fonti a cui attingere per raccontare i fatti, ma quando le hai esaurite devi poter immaginare cosa, quella persona, avrebbe detto o come avrebbe reagito in una determinata situazione altrimenti rimane qualcosa di sterile, una semplice esposizione di eventi. C’è una scena felice? Devo attingere al mio sentimento di felicità. C’è un momento drammatico? Devo attingere a tutto il mio dolore. Sempre tenendo presente che non si sta parlando di me, ma di un altro. E’ difficile, ma è l’esperienza che maggiormente da senso a quello che si sta facendo. Pienamente d’accordo con Catherine Dunne.

Parlare con te è molto stimolante e so che potrei andare avanti per molto con altre domande. Ma vorrei evitare di realizzare un articolo troppo lungo e quindi poco scorrevole, perciò ti faccio una sola domanda. L’ultima. Cosa pensi del panorama editoriale italiano? In pratica, è stato difficile per te farti conoscere? e che cosa ti sentiresti di consigliare a chi ha un’opera letteraria, magari grafica, nel cassetto e sogna di pubblicarla?


Quando ho iniziato io tra il 2003 e il 2004, il panorama italiano era praticamente fermo. La parola graphic novel era inesistente e non avevo molti esempi a portata di mano se non alcuni forniti dalla Coconino. Oggi è molto diverso perché il graphic novel è sulla bocca di tutti e di editori a cui mostrare il proprio progetto ce ne sono tanti facilmente contattabili in rete o alle fiere.
Quello che posso dire a chi volesse pubblicare un progetto è che quello che conta è fare bene le cose. Senza fretta e senza avere come obiettivo quello di mettersi in mostra. L’espressione di sé obiettivi non ne ha, sente solo l’esigenza di venir fuori. Quindi è molto importante essere onesti con se stessi e lavorare sodo, non fidarsi dei social, ma di far leggere le proprie cose a persone competenti. E poi di studiare, di essere sempre curiosi di tutto e non sentirsi mai superiori a nessuno perché chiunque può insegnarci qualcosa.  Anche io potrei andare avanti un bel po’, ma come dici tu, forse, è giusto fermarsi qua.Ti ringrazio dello spazio che mi hai dedicato, quando vuoi sono a disposizione!

Grazie a te Giulia! A presto, speriamo con altre storie 🙂

S.

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